Venerdì 3 novembre 2023 al teatro San Marco di Trento è andato in scena Malala, terzo spettacolo in concorso al Festival teatrale nazionale e internazionale IN_visibile, organizzato dall’associazione Compagnia dei Giovani e giunto alla IV edizione. Lo spettacolo, un monologo di cinquanta minuti che racconta la vita di Malala Yousafzai, è stato prodotto dalla compagnia Senzaconfine di Fasano (BR), con la direzione e la drammaturgia di Teresa Cecere e David Marzi; a interpretare la giovane attivista pakistana è la coetanea all’epoca dei fatti narrati Annalisa Cervellera, appena sedicenne.
La storia è quella di Malala, raccontata nell’autobiografia scritta nel 2018 insieme a Christina Lamb dal titolo Io sono Malala. La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle donne. Il sipario si apre nella Valle dello Swat, Pakistan, il 9 ottobre 2012; gli esami sono finiti, è l’ultimo giorno di scuola. Malala e le sue compagne sono sul vecchio autobus che le riporterà a casa ma all’improvviso un uomo sale a bordo e spara tre proiettili, colpendola in pieno volto e lasciandola in fin di vita. Malala ha appena quindici anni, ma per i talebani è colpevole di aver gridato al mondo, sin da piccola, il suo desiderio di leggere e studiare. Lo spettacolo, quindi, riprende le tappe fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza della più giovane Premio Nobel per la Pace, ponendo l’attenzione sulla sua coscienza politica, sulla sua tenacia e determinazione in quanto studentessa e donna.
La messa in scena riesce a trasmettere la forza di Malala, che una volta subito l’attacco terroristico decide di non fermarsi e di far sentire la propria voce ancora più forte, quella ribellione che non era più di una sola ragazza, ma di un’intera generazione di donne senza voce, di un popolo schiacciato dal fanatismo religioso e dall’oppressione. La lotta non si espande solo orizzontalmente – Malala è supportata dalla sua comunità – ma anche verticalmente, in una lotta popolare che parte dal basso, con una spinta verso l’alto che dalla Valle dello Swat arriva a New York, al Palazzo di Vetro dell’ONU come ambasciatrice per la pace.
Il pubblico è accompagnato, tenuto quasi per mano, verso la consapevolezza di quanto ognuno di noi possa essere artefice di un cambiamento importante per rendere il mondo migliore. La storia di questa ragazzina di quindici anni spiazza. La scelta di un’interprete giovanissima è dettata dalla volontà di restituire al pubblico quella semplicità e freschezza con cui Malala ha sfidato tabù e convinzioni sbagliate, ma diffuse e radicate nel proprio paese, in nome della libertà. La scenografia, semplice ed essenziale, riporta a un luogo indefinito. Così come l’attrice nello spazio scenico si muove idealmente da Birmingham alla valle dello Swat con un continuo flusso spazio-temporale sulla scia dei ricordi. Altro elemento protagonista della scena sono i libri: simbolo di istruzione, di cultura, di saggezza, di crescita. Tenendo conto della giovane età, la performance di Annalisa è maestosa: contando su un’ottima padronanza del corpo e della voce, riesce anche a marginare la mancanza in alcune parti dell’intensità che il contesto richiede. Avremmo apprezzato infatti una maggiore consapevolezza nella restituzione delle emozioni e una maggiore cura nella consegna del monologo al pubblico, che in alcuni passaggi risulta fin troppo rapido e ritmato.
La vicinanza anagrafica tra Malala e l’attrice è comunque impattante e vero colpo vincente dello spettacolo; il testo denso di dettagli, unito alla giovane forza vitale dell’attrice, aiuta il pubblico a immedesimarsi in lei e a vivere questa persona come un’amica reale. Malala si propone come un invito a resistere: la resistenza, un fuoco che arde soprattutto quando fuori è buio.
Giulia Pellè e Lorenzo Caviglia